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Noto per i suoi trascorsi nei Flower Kings, nelle vesti di cantante, Hasse Fröberg porta avanti da qualche anno questo progetto con il gruppo denominato Musical Companion e dopo “Futurepast” del 2010 realizza ora “Powerplay”. La vicinanza a Stolt si fa sentire anche in questo lavoro; è evidente che il contatto col chitarrista ha influenzato non poco il vocalist, che sforna dieci nuovi brani abbastanza legati al sound dei Flower Kings, pur con qualche distinguo. L’opener “My river to cross”, in dieci minuti, illustra al meglio la proposta dei Musical Companion: un sound arioso, capace di unire il prog melodico dei cosiddetti “fiori”, con un rock classico, tra sferzate hard contraddistinte da riff chitarristici robusti, passaggi strumentali eleganti e la bella voce graffiante del leader a completare al meglio il tutto. E’ in effetti nelle composizioni a più ampio respiro che Fröberg e compagni danno il meglio di sé, come “The final hour” (oltre dodici minuti, con un breve, ma bellissimo, passaggio classicheggiante nella seconda metà, guidato da pianoforte e tastiere), “Is it ever gonna happen” (otto minuti, oserei dire tra prog e i Cream di “White room”), “The chosen one” (quasi otto minuti, ritornello efficace e belle fughe strumentali). In questi momenti si possono vedere anche altre influenze: certi impasti vocali rievocano la West Coast; la solarità che non si perde mai offre anche spunti di yessound; la spinta melodica sembra volontariamente tradire la comprensibile simpatia per i sempreverdi Beatles; di tanto in tanto fa capolino persino un blues-rock sanguigno che riesce a far venire alla mente il sottovalutato album solista “Wallstreet Voodoo” di Roine Stolt (che forse, sotto certi aspetti, può essere visto come un ottimo punto di riferimento per capire che tipo di sonorità e di musica si ascoltano in “Powerplay”). Alcuni pezzi sono decisamente più diretti, vedi “The world keeps turning” e “Venice CA”, capaci di refrain accattivanti, ma mai scontati, evidenziando un certo tiro, o anche “Waves”, “White butterfly” e “Godsong”, con il loro romanticismo delicato e un po’ pastorale. Anton Lindsjö e Kjell Haraldsson, rispettivamente alla chitarra e alle tastiere, fanno spesso la parte del leone, macinando riff, proponendo eleganti solos e facendo incrociare i loro strumenti. Certo, se cercate originalità, sperimentazione, avventura non è certo questo il disco che fa per voi, ma se sapete apprezzare un lavoro fatto col cuore, che sa prendere spunto da artisti affermati senza necessariamente ricorrere agli abusati “copia-incolla” odierni, non prog al 100% e suonato con classe da musicisti preparati e professionali, questo “Powerplay” può regalarvi un’ora di piacevolissimo ascolto.
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