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Ripresa a pieno regime l’attività con i suoi Flower Kings, a distanza di un anno da “Banks of Eden”, ecco che Roine Stolt torna in carreggiata con “Desolation rose”. Come d’abitudine, il nuovo album è disponibile sia in singolo cd che in edizione limitata con un dischetto in più di materiale bonus. Il primo cd ci guida per un’ora lungo i sentieri sonori già battuti dalla band nella sua carriera quasi ventennale. Quell’insieme di melodie delicate e dirette e di fasi strumentali leggiadre e suonate con abilità restano un marchio di fabbrica e sono eseguite alla maniera dei Flower Kings. A differenza del precedente album, tuttavia, stavolta sembra che Stolt e compagni siano meno ispirati. Infatti, questo primo cd scorre via anche con una certa piacevolezza, ma ritornano vecchie lacune, con melodie vocali a tratti fin troppo melense, una certa prevedibilità e qualche passaggio non proprio snello. I bei momenti non mancano, soprattutto quando Stolt fa viaggiare la sua chitarra in completa libertà, ma l’impressione generale che si ha è quella di musicisti che eseguono benissimo il compitino, ma non si sforzano più di tanto. Poi si ascolta il secondo cd ed è tutta un’altra storia! Circa trentatre minuti, otto tracce presenti, delle quali ben sei strumentali. E sono proprio queste a rivelarsi da applausi, a partire dagli oltre otto minuti di “Interstellar visitations”, in cui Stolt sembra prendere i Pink Floyd spingendoli verso il rock sinfonico, e proseguendo con dei brani più brevi, ma comunque bellissimi. C’è l’andamento indolente e malinconico di “Psalm 2013”, con le delicatissime note di tastiere e chitarra ad incrociarsi, mentre si sente il rumore della pioggia. Anche “The mailing wall” ha ritmi compassati, ma la sei corde diventa più protagonista, con un crescendo magistrale che rimanda all’Hackett solista. Più aggressiva inizialmente “Badbeats”, che però si trasforma poi in una classica cavalcata à la Flower Kings, tra spunti canzonatori e buoni incroci strumentali che fanno venire in mente i primi album della band. Tinte coinvolgenti di moderna psichedelia per “Burning spears”, mentre l’ultima traccia “The final era” è un gioiello di romanticismo, con Stolt che stavolta sembra prendere spunto da Andy Latimer. Andando a trarre delle conclusioni, risulta evidente che certe scelte possono sembrare incomprensibili. Già normalmente dà un po’ fastidio la messa in vendita di versioni diverse di uno stesso lavoro. Ma in questo caso specifico che senso ha dirottare le migliori composizioni di questa tornata in un cd che sarà disponibile solo per un periodo limitato nel tempo? I Flower Kings si sono imposti come gruppo prog, con vari pregi e vari difetti (e spesso e volentieri vengono esasperati sia gli uni che gli altri), e diventa davvero difficile comprendere come mai proprio i brani che possono stuzzicare maggiormente gli appetiti degli appassionati del genere vengano trattati praticamente alla stregua di riempitivi. Quando poi i riempitivi veri sembrano invece essere presenti nel cd principale che sarà più facilmente reperibile in futuro… I fan dei “fiori” saranno sicuramente felici di poter ascoltare nuovo materiale dei loro idoli. Agli altri si può consigliare di acquistare “Desolation rose” nell’edizione singola o in quella limitata? Onestamente non so dare una risposta…
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