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E' facile intuire che gli ultimi anni non debbano essere affatto stati facili per i Landmarq, ed il fatto stesso di avere tra le mani un loro nuovo album è motivo di sollievo. Sono infatti ben 14 gli anni trascorsi dal loro ultimo lavoro in studio "Science of coincidence", che inaugurava il nuovo corso con Tracy Hitchings a prendere il posto di vocalist che fu del carismatico Damian Wilson; non che nel tempo intercorso i nostri siano stati con le mani in mano: un album live pubblicato in due capitoli ("Thunderstruck" e "Aftershock") a cavallo del millennio e il DVD "Turbulence" contenente l'obbligatoria performance al Teatro Śląski di Katowice nel 2006 hanno avuto il ruolo di ingannare l'attesa in anni di esistenza latente, periodo che vide anche la defezione del tastierista veterano Steve Leigh sostituito prima dallo spagnolo Gonzalo Carrera (ex Galadriel) e infine da Mike Varty (Shadowland, Credo, Janison Edge). Poi praticamente più nulla, ma i più attenti lettori delle "cronache prog" sanno come questo stop forzato sia stato imposto da seri problemi di salute che hanno afflitto la dotata e affascinante vocalist. Il sollievo di cui parlavo è dovuto proprio alla riapparizione di Tracy sulle scene, ma già ad un primo ascolto questa sensazione si sovrappone felicemente all'impressione di aver ritrovato intatto il sound del gruppo. Forse i Landmarq non sono una di quelle band per cui gli appassionati si siano mai strappati i capelli dall'eccitazione, ma si tratta pur sempre di un nome di spicco della scena britannica: per esperienza, per doti tecniche, per la perseveranza di musicisti che provarono a tenere alta la bandiera del rock sinfonico inglese in anni di buio totale, quando il successo degli stessi Marillion era ancora di là da venire e il prog resisteva stoicamente, malandato e confinato in un angolino, solo nell'Europa continentale. Ma non dilunghiamoci troppo: il nuovo album risulta, come da tradizione, diviso tra brani di durata più contenuta (si fa per dire) e mini-suite suddivise in più movimenti. Per chi fosse nuovo all'esperienza Landmarq, possiamo descrivere il genere proposto come un prog sinfonico imparentato con la lezione inglese degli anni '80, ma che con gli anni ha incorporato tutti gli elementi che gli permettessero di restare fresco e attuale: molta melodia, sia nelle linee vocali (che hanno sempre un gran peso nell'economia sonora), in cui la Hitchings può spaziare tra interpretazioni dolci a frangenti più aggressivi, pur senza mai correre il pericolo di risultare forzata o stridente; direi che considerando anche le sue prove con gli Strangers on a Train di Clive Nolan e Karl Groom, è tra questi solchi che possiamo apprezzare la sua prestazione più matura (ricordiamo che Tracy è anche attiva come insegnante di canto...); la chitarra liquida, floydiana di Uwe D'Rose entra subito in sintonia con l'orecchio dell'ascoltatore ed evoca accostamenti a gloriosi solisti del passato, come anche il contributo melodico del basso di Steve Gee, spesso a 5 o 6 corde; Mike Varty non esita ad accostare le calde e antiche timbriche dello Hammond ai più ubiqui sintetizzatori; è notizia recente l'abbandono dello storico batterista Dave Wagstaffe (per dedicarsi ai riformati Wishbone Ash di Martin Turner), per cui l'ottima prestazione fornita nel disco è il suo canto del cigno. Occorre aggiungere che i possessori del già citato DVD filmato in terra polacca avranno già familiarità con la maggioranza dei brani qui contenuti, presentati all'epoca in anteprima. Si aprono le danze con "Entertaining Angels", tra arpeggi di pianoforte, riff di chitarra in stile 80's e flash marillioniani, la voce di Tracy è grintosa protagonista. Segue "Glowing" (il primo dei due brani realmente inediti del lotto), suddivisa in due parti, ancora più melodica, ma con un finale in cui Uwe D'Rose sguinzaglia la sua chitarra in una lunghissima ed ispirata coda strumentale. L'agile "Mountains of Anglia" esordisce invece citando i Pink Floyd di "Run like hell" e prosegue con linee vocali decise e declamatorie e il synth filamentoso di Varty come da canoni new-prog inglesi, con i Pink Floyd che tornano a fare decisamente capolino tra una chitarra slide e il sax in stile Supertramp dell'ospite Laurent Hunziker. La parte centrale del disco è occupata da due ballate: "Personal universe" (l'altro inedito) si dimostra una power-ballad molto efficace, dolce ed accattivante; le gustose evoluzioni di Uwe D'Rose dimostrano quanto questo solista sia sottovalutato, specialmente in frangenti elegiaci e pastorali; "Prayer" è introdotta dal piano e dalla voce di Tracy in tutta la sua espressività, ma stavolta si percepisce anche una spruzzata di Queen nelle partiture. Nella coda dell'album si torna a brani di durata e fattura epica: "Turbulence" esordisce oscura e misteriosa, con le corde del violoncello di Hugh McDowell (dagli ELO) ad infittire la trama, e si sviluppa con dialoghi voce/synth ed una chitarra dai toni quasi hard rock, con un finale elegiaco forse tirato un po' per le lunghe. "Calm before the storm", in tre movimenti, rappresenta al contrario la "summa" ideale del suono Landmarq, ed è anche la traccia più variegata, basata su tempi insoliti e mutevoli elargiti con una potenza inedita della sezione ritmica e con il cantato di Tracy per una volta completamente scevro di quelle vaghe inflessioni pop che a volte ne alleggeriscono la consistenza: davvero bella, forse il vertice della produzione del gruppo. L'edizione dell'album qui recensita è la cosiddetta "Special Edition", comprendente un ulteriore CD con quattro brani bonus, culminanti nell'articolata, sinfonica "Thunderstruck", la cui qualità è tutt'altro che inferiore al contenuto principale del disco; tre di essi furono già inclusi nel video del 2005, particolare rivelato anche dalla presenza di Carrera tra gli autori. A mio parere, per formarsi un'impressione completa di ciò che i Landmarq hanno prodotto nell'ultimo decennio - e come sono evoluti - questa versione "deluxe" in doppio disco è da preferire senza indugi.
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