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WESERBERGLAND Sehr kosmisch ganz progisch Apollon Records 2017 NOR

Mi fa una strana impressione parlare di un album di cui faccio fatica a pronunciare titolo ed autore. Fortunatamente (o sfortunatamente, dipende dai gusti) si tratta di un lavoro completamente strumentale, e oltretutto la lingua utilizzata per i titoli dei brani non è il norvegese, paese di provenienza di buona parte dei musicisti, ma il tedesco. Aggiungiamo infine che Weserbergland è il nome di una regione geografica della Germania. Detto in questo modo, il tutto può sembrare confusionario, ed in effetti lo è, per cui conviene procedere per ordine.
La folle mente dietro il progetto è Ketil Vestrum Einarsen, polistrumentista coinvolto in passato in varie situazioni musicali (Jaga Jazzist, White Willow, Motorpsycho, Wobbler e Panzerpappa, tanto per fare qualche nome), autore e produttore di tutti i brani, accompagnato da altri nomi noti quali Jacob Holm-Lupo (anche lui nei White Willow), Mattias Olsson (Anglagard, White Willow e svariate altre band, tra cui Il Tempio delle Clessidre) e altri, a seconda delle necessità musicali di ciascuna traccia.
Da alcune note scovate in rete, risulta che Ketil sia un fanatico del Krautrock, e questo basta a giustificare l'uso del tedesco. Il Krautrock è certamente anche l'ispiratore dell'aspetto musicale, ma non è certamente l'unico. A dire il vero ci troviamo di fronte ad un'emulsione musicale ben realizzata ma sempre sull'orlo dello sfaldamento. C'è di tutto: elettronica, progressive, kraut, psichedelia, rock, jazz, classica, sperimentazione e altre cose indistinte. Prima di creare equivoci, diciamo subito che il risultato è di qualità. La forza del miscuglio musicale sta proprio nel fatto di essere quasi indefinibile. Ci sono, ovviamente, riferimenti e citazioni, evidenti soprattutto all'analisi attenta delle tracce, solo quattro e tutte lunghe più o meno tra nove e sedici minuti. L'iniziale "Tanzen und springen", deve molto allo stile dei Jaga Jazzist, soprattutto quelli del recente "Starfire". Questo è evidente nella costruzione ritmica, con la batteria di Mattias Olsson impegnata ben oltre il consueto compito di dare il tempo agli altri strumenti e lanciata in una complessa parte solista. Il brano è trainato dalle note dei sequencer, su cui si posano gli arpeggi della chitarra, le linee melodiche e gli assoli di synth e di altre chitarre. Il tutto è costruito su ritmate atmosfere malinconiche, inframezzate da pause e alternate ai cambi di atmosfera improvvisi, anche questi tipici dell'ultimo lavoro dei Jaga Jazzist. "Das trinklied vom jammer der erde" inizia con un substrato elettronico cupo, accompagnato poco dopo dalla cavalcata della sezione ritmica che contribuisce a definire le atmosfere kraut e "cosmiche" tanto care a Ketil Einarsen. Molto azzeccate le parti di basso (che immancabilmente supera i confini del suo ruolo ritmico) e di flauto, queste suonate dallo stesso Ketil e capaci di donare un'aria frikkettona ai quindici minuti abbondanti del brano, oltre a controbilanciare i folgoranti assoli di chitarre e sintetizzatori. "Die kunst der fuge" è un continuo crescendo dominato dall'organo, con motivi ispirati a Bach (La traduzione del titolo è "L'arte della fuga") e una struttura che prende in giro l'ascoltatore facendogli credere di arrivare al culmine, per poi proseguire aggiungendo strati su strati di parti strumentali e assoli il cui unico scopo è raggiungere il caos melodico. La conclusiva "Tristant" raggiunge l'apice dell'impasto musicale passando dall'introduzione in stile new wave, col basso cupo e imperioso a dettare legge insieme ai suoni elettronici, e i momenti di improvvisazione free dei fiati che lasciano il posto all'ariosa potenza di una seconda parte epica per poi concludere l'album.
"Molto cosmico abbastanza prog", è grossomodo la traduzione del titolo del lavoro. Non c'è dubbio che suoni come una dichiarazione di intenti, o come una promessa delle meraviglie che attendono chi decide di acquistare il cd o il vinile. L'ascolto è un'esperienza a tratti allucinata e liberatoria, oppure un viaggio verso terre lontane e sconfinate o nell'abuso di stupefacenti musicali. Gli unici pericoli sono quelli di perdersi o di finire in overdose. Niente di veramente preoccupante.



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Nicola Sulas

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