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BIG BIG TRAIN The difference machine English Electric Recordings 2007 UK

Non ci siamo mai resi conto veramente che esiste un gruppo Prog chiamato Big Big Train. Pur esistendo da ormai quasi vent'anni, e con un nutrito numero di album alle spalle, non abbiamo mai dato loro grande importanza, limitandoci a registrare ogni nuovo lavoro con complimenti ed incoraggiamenti, ma senza dar grande credito a questi ragazzi (ormai un po' cresciuti, presumo) di Bournemouth. Beh, la colpa non è solo nostra ovviamente: i BBT non hanno mai dato vita a lavori memorabili, pur non essendo mai scaduti sotto un livello quanto meno dignitoso. Da qualche anno il gruppo aveva cominciato ad interrogarsi sulla propria esistenza ed attività musicale, come avevamo letto qua e là, stante il fatto che, a dispetto di una carriera musicale tendente ormai al longevo, i riscontri continuavano ad essere scarsi. Si era addirittura letto dello scioglimento del gruppo… quando, all'improvviso, si diffonde la notizia del contrordine e viene annunciata l'uscita di questo nuovo lavoro. La band deve essersi detta che era inutile continuare a vivacchiare sfornando album dall'aspetto anonimo, ancorché gradevole: ci voleva il colpo che potesse far parlare di loro… quanto meno negli ambienti Prog. Ecco quindi questo nuovo lavoro (il settimo se si includono i due usciti solo su cassetta) che si presenta già bene dal punto di vista del package, con un libretto che si può davvero definire tale, e con una lista di ospiti che può incuriosire i cultori del Prog moderno, potendo contare sull'apporto di Nick D'Virgilio, Dave Meros e Pete Trewavas, collaborazioni che sinceramente non è che lascino il segno, anche se il drumming di Nick è pur sempre un valido asso da giocare. L'album, come peraltro ci avevano abituati anche in passato, è registrato più che decentemente, ma è l'aspetto musicale che riesce stavolta a dare la marcia in più che finora era sempre mancata ai BBT. Siamo ovviamente ancora nell'ambito di un new Prog elegante, senza troppi slanci, ma quello che cambia questa volta è un accresciuto dinamismo nelle composizioni, una costruzioni dei brani diversa e certamente meno lineare che in passato, con ottimo, ed accresciuto apporto, delle tastiere (con un maggiore utilizzo di suoni analogici, veri o finti che siano). Il mood è ancora melanconico, con poche parti sopra le righe, con strizzate d'occhio decise anche a sonorità americane, o comunque al di fuori del contesto più tipicamente Prog (sento lo spettro dei REM qua e là, ma anche di David Bowie e Mew), con un cantato che spesso viene sfruttato più come strumento aggiuntivo piuttosto come mezzo per narrare qualcosa di specifico. Il core dell'album è costituito in pratica da tre lunghi brani, di oltre 12 minuti l'uno, alternati a pezzi strumentali, più o meno lunghi, che servono da collante, con un'ultima parte un po' in calando, affidata alla coppia di brani "Salt Water Falling on Uneven Ground" e "Summer's Lease", specialmente la seconda molto quieta, quasi acustica, con un finale che sa di post rock, con parti di sax ammiccanti e che chiude questo bell'album in punta di piedi. "The Difference machine" può segnare la svolta nella carriera dei Big Big Train, dato che molti si sono accorti adesso di questo gruppo e già stanno aspettando un seguito adeguato; per parte mia posso tranquillamente dire che si tratta di un disco molto gradevole, con punte di buon livello, non completamente legato al new Prog, dato che gode di un eclettismo musicale interessante, ma comunque non di un capolavoro. Non lo pretendevamo… e allora godiamocelo tranquillamente per quello che è, perché comunque merita l'ascolto.

 

Alberto Nucci

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