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“English Electric” sembra avere ora i connotati di una piccola epopea: mancava ai due volumi, pubblicati rispettivamente nel 2012 e nel 2013, qualcosa che li legasse e che bilanciasse in qualche modo l’ascolto che per molti pende in favore di un primo capitolo, più ricco e ricercato, a discapito della seconda parte, più soft ed ammiccante. Ecco quindi una nuova splendida, imponente e curatissima edizione che vede riscritto l’ordine di esecuzione di tutti i brani, con l’aggiunta di altri quattro nuovi di zecca, cuciti ad arte nel mezzo, come a colmare dei piccoli vuoti, e non certo appiccicati lì, tanto per dire che il gruppo non se ne è stato con le mani in mano. La nuova edizione si chiama “Full power”, come ad esaltare l’effetto massiccio di questa bella confezione. Il book, di ben novantasei pagine rilegate in un solido formato in digipack, contiene ovviamente tutti i testi, foto ed immagini, i profili dei musicisti che hanno partecipato al progetto ma anche le storie dei personaggi che compaiono nelle liriche, tutti quei personaggi che fanno parte di una piccola mitologia inglese e che, come il gruppo ha più volte spiegato, hanno letteralmente forgiato il paesaggio e la fisionomia della loro terra. Forse ascoltare i pezzi di questi album, che già molti di noi hanno imparato a conoscere bene (il successo dei due volumi è stato considerevole, soprattutto se si ragione nell’ordine di grandezze a cui siamo abituati nell’ambito nel nostro genere di riferimento), con un ordine sovvertito può essere all’inizio un po’ spiazzante ma devo dire che la loro fluidità è incredibile e ogni pezzo scivola gentilmente nell’altro, portandoci senza fatica lontano nei minuti, fino alla fine della saga. Inoltre rimescolare un po’ le carte ha fatto sì che non si percepisca più, soprattutto per quel che riguarda quello che era il secondo volume, quell’affievolirsi dei toni e delle emozioni avvertito da molti. In particolare noto subito che la lunga e complessa “East Coast Racer” che originariamente apriva il secondo volume con un grosso sprint iniziale ora è stata fatta slittare quasi in coda a mantenere alta l’attenzione. Riguardo alle nuove tracce, queste si confondono in mezzo alle altre e quasi non ci si fa caso se ci si distrae un minimo. Non voglio dire che sono anonime, ma solo che sono stati utilizzati gli stessi colori e pennelli e la stessa mano, in modo tale da creare un’integrazione nel contesto quasi perfetta. Fa un po’ eccezione “Make Some Noise” che è stata collocata subito all’inizio e crea un effetto di stacco rispetto al resto dell’opera. La sua veste accattivante, la sua energia canalizzata in una struttura semplice e di impatto, possono portare alla conclusione che forse si tratti di un pezzo un po’ debole se accostato agli altri. Però devo dire che ha un ottimo effetto introduttivo ed è come se a teatro accompagnasse un’attesa apertura di sipario con cori che invogliano al canto e parti di flauto solari. Se non la conoscessi già a memoria sono certa che gli otto e passa minuti di “The First Rebreather”, che arriva subito dopo, mi farebbero spalancare la bocca per l’effetto sorpresa generato dalla maestosa eleganza e dalle impressioni Genesisiane che si portano via tutto il disimpegno iniziale. Il primo CD contiene tre dei quattro pezzi nuovi e più precisamente, oltre a quello appena commentato, “Seen Better Days” e a seguire la breve “Edgelands”. Il primo di questi sembra quasi partire da un punto in sospeso, senza un vero inizio, come a voler seguire un filo emotivo che viene da lontano. La struttura del brano è abbastanza insolita e vi sono begli intrecci strumentali con organo e flauto, registri di Mellotron, Moog, melodie ben disegnate. “Edgelands” è un breve pezzo per solo piano che fa efficacemente da ponte verso “Summoned by Bells” che si apre col medesimo strumento seguendo pieghe musicali soffici. Per scoprire l’ultima novità cambiamo CD e come il titolo romantico ci lascia presagire, “The Lovers” è almeno all’inizio colorata con tinte tenui mentre sul finale troviamo con grande sorpresa una lunga fase jazzata con un feeling live molto pronunciato con piano elettrico e chitarra elettrica che dialogano con grande disinvoltura. Non c’è dubbio che avrete fra le mani un oggetto bellissimo, da leggere, guardare ed ascoltare e che renderà felici quelli che ancora amano l’aspetto “fisico” ed artistico nel senso più ampio del termine del Progressive Rock ma capisco che non tutti quelli che già posseggono le versioni originali di “English Electric” sono così fanatici da investire così il proprio denaro. In questo caso, proprio per non privarsi di queste quattro nuove composizioni, si può optare tranquillamente per il “Make Some Noise EP”, che le contiene tutte, oppure per la versione in vinile di “English Electric Part Two” dove compaiono nuovamente al completo. Va da sé che se ancora non avete “English Electric” (anche se mi sembra difficile, visti gli apprezzamenti ricevuti dagli appassionati) allora avete qui l’occasione di recuperare con questa sontuosa edizione e direi che ne vale davvero la pena. Per approfondimenti vi rimando in questo caso alle relative recensioni già pubblicate nelle nostre pagine. Infine segnaliamo che la Box Steem Brewery ha realizzato la birra “Big Big Train”, così avrete anche qualcosa da bere mentre vi rilassate girandovi fra le mani il ricco book ed ascoltando la musica.
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