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Diciamo che il passo era obbligato e, quindi, prevedibile. Dopo il secondo album di rivisitazione di materiale dei Genesis, le tappe successive per Steve Hackett erano rappresentate dal tour e poi dal disco dal vivo. Ed ecco così questo bel prodotto, un documento che testimonia l’esibizione del 10 maggio 2013 all’Hammersmith Apollo di Londra presentato in una massiccia confezione digipack, apribile in cinque parti per contenere tre cd e due DVD (uno ci mostra l’intero show, l’altro un documentario dietro le quinte di circa trentasette minuti, con testimonianze dei musicisti). Il chitarrista si presenta sul palco con una formazione ormai consolidata e composta da Roger King alle tastiere, Gary O’Toole alla batteria, alle percussioni e alla voce, Lee Pomeroy al basso, ai bass pedals e alla chitarra 12 corde e Rob Tonwsend ai fiati. Per questa tournée è stato assoldato anche il cantante svedese Nad Sylvan, che i più attenti conosceranno per la sua presenza negli Unicorn (gruppo smaccatamente genesisiano) e negli Agents of Mercy. Ovvio che c’era curiosità nel sentirlo all’opera, perché ritrovarsi a cantare brani rimasti nella storia per le interpretazioni di Peter Gabriel e Phil Collins è una bella responsabilità. Diciamo che il timbro gabrieliano di Nad ha aiutato, così come una discreta presenza scenica; non stiamo parlando di un vero fuoriclasse, ma si mostra sicuramente all’altezza della situazione (basta evitare impietosi confronti). Il concerto all’Hammersmith è stato però un evento speciale ed alcuni ospiti si sono alternati nel ruolo di vocalist: Jakko Jakszyk, Nik Kershaw, Amanda Lehman e John Wetton. Nella serie di concerti organizzati per promuovere “Genesis Revisited II” Hackett ha puntato su scalette quasi interamente dedicate a composizioni dei Genesis e sono stati rari gli innesti tratti dai suoi lavori solistici (per lo show di cui parliamo si segnalano solo la presenza di “Shadow of the hierophant” ed un accenno a “Clocks” nel finale). Ad ogni modo, Steve e la sua band non si sono certo risparmiati con esibizioni che si sono protratte ben oltre le due ore e mezza. Basta il celebre attacco di mellotron di “Watcher of the skies” per infiammare pubblico e accendere gli animi con un’atmosfera incantevole e fuori dal tempo. Si susseguono una serie di composizioni meravigliose, che ogni amante dei Genesis ha nel cuore. Si parte grosso modo dallo stesso principio di “Genesis Revisited II” e vengono mantenuti il più possibile gli arrangiamenti originali, con pochissime variazioni (tra queste possono spiccare il sax al posto del flauto nella parte strumentale di “Firth of Fifth”, o qualche breve momento di libertà su “I know what I like”), quindi c’è davvero poco da descrivere. Ovviamente la chitarra diventa spesso protagonista ed ogni solo di Steve è da pelle d’oca, anche quando su “The lamia” viene raggiunto sul palco da Steve Rothery per un duetto che merita applausi scroscianti. L’esibizione scorre via che è un piacere, il pubblico è coinvolto e i boati ad ogni canzone eseguita si sprecano. Steve ci propone, in pratica, una lezione di storia del prog. Probabilmente per tantissimi si tratta di una storia conosciuta già a memoria, eppure, più va avanti il concerto e più ci si rende conto che è una di quelle storie che non ci si stanca mai di ascoltare. E se a raccontarla è Steve Hackett con quella chitarra…
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