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Che i musicisti del primo progressive, anni ’70, avessero un debole per la musica classica è dato certo e risaputo. Questo ne è un esempio. Un grande esempio. Hackett, dopo il primo tentativo, ben riuscito, del “Sogno di Mezza Estate” torna a far sposare la sua splendida tecnica chitarristica con la grande orchestra. E questa volta tocca alla "Underworld Orchestra". Una lunga serie di brani ininterrotti. Un’unica traccia di quasi un’ora ove spiccano parti maestose, melodie ariose e gratificanti, e passaggi oscuri come antri infernali. Benché questo disco si avvicini maggiormente a musiche che debbono necessariamente lasciare il giudizio a gusti e capacità interpretative personali, non lo si può etichettare né come opera Classica, né come opera Prog-Rock. Tutto è messo in riga dalle sgrappolate di note della nylon guitar di Steve che pone una seppur flebile linea di demarcazione spostando l’accento ora sul classico ottocentesco (Paganini docet), ora su arie rinascimentali e, infine, su strappi di modernità dove spicca solitario epigone della sua stessa bravura. I brani, seppur strumentali, seguono una chiara traccia da ovattate atmosfere della Grecia classica e dell’Arcadia dei miti: già eloquenti i titoli dei brani che ci fanno sognare tra Lyra, Caronte, Euridice, Orfeo e Cerbero. “That vast life” per lunghezza, oltre 12 minuti, per movimento e varietà, è il brano che più può interessare i lettori più radicati nel prog, ma anche l’iniziale “The pool of memory...” che presenta una certa aria alla “Lawrence D’Arabia” può rientrare in certe atmosfere a cui le nostre orecchie sono avvezze. Splendidi i temi di “Lyra”, Charon’s call” e “Under the world...” Molto particolari e brillanti quelli di “The dancing ground" e “Return to the realm…” Intensi e da assaporare fino all’ultima nota quelli di “Song of nature”, “Eurydyce” e Severance”. Globalmente un gran bel lavoro. Diverso da tutto ciò che ascoltiamo normalmente ma, provenendo dal genio di Hackett un valore aggiunto a qualsiasi discografia dove la passione, il sogno e le grandi emozioni hanno lo spazio riservato.
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