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Non ho intenzione di sprecare parole sulle discutibili politiche di marketing che i Marillion stanno attuando a da qualche anno a questa parte e per questo punto direttamente all'analisi del contenuto del nuovo album della band inglese, nella versione in doppio cd (acquistabile solo tramite il loro sito, mentre nei negozi trovate una versione singola che contiene vari brani in meno). Facendo un po' di conti, sono ormai più di quindici anni che Steve Hogarth è nel gruppo e desta un po' di preoccupazione il fatto che tutt'oggi ci sono numerosi fan che hanno nostalgia del primo periodo con Fish, tenendo in scarsa considerazione la recente discografia. "Marbles" non è altro che la prosecuzione più naturale dell'evoluzione che i Marillion hanno intrapreso nel dopo "Brave" e che ha dato frutti notevoli con interessanti dischi ricchi di belle canzoni. La band si è esposta sempre più con album che si distanziavano dal sound new-prog degli esordi, cercando una proposta più personale, inserendo delle influenze dei Beatles, un sound a tratti più moderno, qualche sperimentazione qua e là e mantenendo intatto quel feeling che da sempre caratterizza la loro musica. In "Marbles" c'è tutto ciò: brani di onesto e accattivante pop-rock, ballate raffinate, melodie vocali sempre affascinanti, costruzioni musicali ben congeniate, piacevoli timbri elettroacustici; su tutto, però, spiccano tre tracce di spessore assoluto, che vanno ad inserirsi tra le composizioni più belle mai realizzate dal gruppo. L'opener "The invisbile man" sembra il seguito ideale di "This is the 21st century", tra echi elettronici e suoni d'atmosfera, ma presenta anche vari cambi d'umore ed una vivacità notevole. "Ocean cloud" è una suite di 18 minuti che, più che a "Grendel", rimanda a "This strange engine" col suo sviluppo dal flusso regolare e coinvolgente. Infine, "Nevermind", che chiude l'album, è una perla di rara bellezza e intensità che emoziona sempre più ad ogni ascolto per la magia che riesce ad emanare. Si può giudicare la qualità di un album in base alla percentuale di progressive che contiene? Se rispondete con un no deciso a questa domanda non avrete difficoltà ad apprezzare "Marbles". Se siete, invece, tra quelli che hanno "abbandonato" i Marillion da tempo, a causa della troppa nostalgia verso "Grendel" e "Incubus", sappiate che qui trovate più prog rispetto agli ultimi album, ma mi viene da chiedervi se è necessario essere così limitativi...
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