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Dopo “Marbles”, che aveva convinto tutti, critica e fan, i Marillion sono stati forse troppo frettolosi nel realizzare “Somewhere else”, disco tutt’altro che brutto, ma che evidenziava un passo indietro e accolto con un entusiasmo nettamente inferiore a quello mostrato verso il suo predecessore. In pratica, sembrava che la band avesse semplicemente svolto il “compitino”, senza impegnarsi più di tanto, senza troppo smalto e vivendo di rendita. Per il nuovo passo hanno voluto fare le cose meglio, si sono presi il tempo necessario e sfornano “Happiness is the road”, costituito da ben due cd infarciti di brani pienamente riusciti. I musicisti sono in forma e dimostrano di aver ritrovato una fervente creatività e di aver superato pienamente il rischio di rimanere in impasse. Oggi i Marillion sembrano assestarsi su una proposta musicale che ripercorre quanto già fatto in passato con le varie “Afraid of sunlight”, “Three minute boy”, “Neverland”, “Dry land”, quindi canzoni ben strutturate, tanta classe, delicatezza, melodia, malinconia, anche semplicità, oltre all’ormai inevitabile, ma positiva, strizzatina d’occhio ai Beatles… Magari non ripetono certi exploit presenti in “Marbles”, ma i nostri riescono ad offrire un album che, nonostante la lunga durata, si lascia ascoltare tutto d’un fiato. I nuovi pezzi da novanta che il doppio cd ci dona rispondono ai nomi di “This train is my life”, “Liquidity” (breve gioiellino strumentale), “Trap the spark”, “Happiness is the road”, “The man from the planet Marzipan”, “Asylum satellite #1”, “Real tears for sale”, tutte composizioni che ben rappresentano il suono marillico degli anni 2000 e che hanno le carte in regola per diventare dei futuri “classici” della band. Questi citati sono solo i momenti clou di un lavoro che comunque non contiene momenti di stanca in nessuna delle diciannove tracce presenti (in più ce n’è una seminascosta). La voce di Hogarth continua a incantare e Rothery e Kelly si dividono al meglio le parti strumentali regalando quell’eleganza sonora che ci si aspetta sempre dalle loro esecuzioni. In “Happiness is the road” possiamo individuare due chiavi di lettura: da un lato l’album fa capire che i Marillion sembrano non voler più “rischiare” (come hanno fatto con alcuni lavori coraggiosi del recente passato) e infatti questa volta non sorprendono più di tanto, ma dall’altro mette in luce un momento di felice ispirazione, visto che fondamentalmente non presenta punti deboli, non ha cedimenti di alcun tipo e contiene tanti brani pregevoli, di grande qualità ed orecchiabilità.
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