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La roccia: quale immagine più efficace, simbolo di stabilità, durevolezza, imponenza, poteva essere scelta per rappresentare la nuova uscita discografica di un gruppo di questo calibro? Gli SBB sono sopravvissuti al vaglio del tempo e a oltre trent'anni dalla loro nascita affrontano l'ennesima metamorfosi: "la formazione del nuovo secolo", come era stata denominata, non esiste già più, dal momento che il celebre batterista jazz Paul Wertico, che si era unito al gruppo nel 2000, ha concluso la sua avventura polacca ed è stato rimpiazzato da un altro nome storico, quello di Gabor Nemeth, già negli Skorpio. Le prospettive sembrano essere delle migliori, almeno a prima vista, e l'ingresso di un simile personaggio, che ha contribuito a scrivere pagine inossidabili della storia del rock Ungherese, unito all'immagine della roccia, che si staglia immobile in un cumulo di polvere nella copertina dell'album, poteva presagire uno sfolgorante ritorno al passato… almeno era quello che speravo… capitoli indimenticabili, eterni, magnifici sono stati scritti dagli SBB nel passato, non è questione di nostalgia a tutti i costi, guardare al passato significa rivendicare l'identità di una band originale, tecnicamente ineccepibile, coraggiosa…
Se da una parte il nuovo CD non riesce sicuramente ad eguagliare la splendida musica degli anni d'oro (ma credo che nessuno di noi, ad essere onesti, avrebbe avuto questa illusione o pretesa), dall'altro si propone come un album pieno di contraddizioni ed alti e bassi paurosi e, guardando al passato più recente, bisogna comunque ammettere che il precedente lavoro, umile ma elegante, presentava una maggiore coerenza stilistica, seppur con picchi (e cadute) più contenuti. Sicuramente vi è la ricerca di una musica più solida ed un ritorno all'utilizzo di certe sonorità tastieristiche, aspetto questo che posso in un certo senso apprezzare, ma il contenuto artistico dell'album è globalmente insoddisfacente. Una parte delle composizioni sono sufficienti, ed in linea generale si tratta di quelle cantate in polacco, in cui ritroviamo una voce di Skrzek sempreverde ed espressiva, fragile ma emozionante. Semplice e squadrata è la traccia di apertura, "Skała"; graziosa la ballata successiva, "Płonące myśli", con un bel tappeto d'organo, pallida ombra del grande passato, e una batteria fin troppo elementare che ci fa rimpiangere tanto Piotrowski quanto il più recente Wertico… Tutto sommato interessante il successivo strumentale, "In Heaven and Hell", che si riaggancia in un certo senso alle produzioni della fase centrale della carriera della band, con sonorità spaziali, tastiere soffuse sullo sfondo e una lunga sequenza solistica di chitarra… ma il tonfo (e bello grosso) arriva con le tracce in inglese, che occupano la parte centrale dell'album. "Silence" ci piomba addosso con la sua annichilente banalità: le liriche sono a dir poco elementari, ed il core della canzone è un fioco ritornello da accendino. Ad una ballata ne segue un'altra, "Sunny Day", altrettanto banale, con la voce di Skrzek che in inglese assume un'intonazione nasale quasi disturbante, anche per il suo accento forzato… non c'è due senza tre… ed ecco la terza ballatona, purtroppo sempre in inglese e sempre più banale, ed il titolo questa volta è "My Paradise". Fortunatamente si torna al polacco e questa volta viene scelto il testo di un grande poeta, la cui produzione è stata ampiamente utilizzata anche da Niemen. Per la precisione proprio il testo di "Pielgrzym", qui ripreso, fu utilizzato dal maestro per un pezzo che si trova nell'album "Aerolit" e la stessa musica proposta dagli SBB è un riarrangiamento e una rielaborazione molto arricchita della vecchia versione di Niemen. Ci troviamo all'apice di questo album ed il livello musicale si alza notevolmente, tanto che ci chiediamo se sia stato lo stesso gruppo ad aver composto le tre vergognose canzoni centrali. Si tratta sicuramente di un omaggio molto sentito all'artista polacco che è stato padrino e guida spirituale del gruppo di Skrzek. Questa versione della celebre canzone è stata personalizzata secondo l'indole e lo spirito degli SBB, che qui rivivono in una veste classica. Vi è un utilizzo ampio e bellissimo del Moog con affascinanti arie e momenti solistici ispirati. La traccia scivola gentilmente nella successiva "Akri", il cui testo è stato realizzato da Alina Skrzek. Abbiamo un pezzo semplice ma elegante, dalle atmosfere sicuramente dilatate, gentilmente guidato dal Moog di sottofondo e da linee vocali ispirate. La traccia di chiusura offre ancora un grande momento di celebrazione del passato, almeno per la scelta del testo, realizzato dallo storico paroliere degli SBB, Julian Matej. Purtroppo la musica è un po' meno avventurosa, trattandosi di un disimpegnato, seppur gradevole, hard blues con tanto di Hammond, protagonista di deliziosi assoli. A cantare questa divertente traccia (ottima come ipotetica canzone di chiusura di un concerto) troviamo, al fianco di Skrzek, Tamas Somlo dei Locomotiv GT (che qui canta nel suo idioma natio, a differenza di Józef che invece si esprime in polacco), altro gruppo ungherese di grande importanza.
Il grande problema di questo disco è che fa capire che il grande Józef c'è ed è in splendida forma ma tutte le potenzialità che si percepiscono non si concretizzano purtroppo in maniera piena e valida e questo lascia davvero l'amaro in bocca. Album interessante per i fan, per il resto degli ascoltatori proponiamo un salto nella copiosissima e preziosa discografia classica della band, da completare in maniera più che consigliata con i vari inediti dal vivo, tutti di qualità ottima. A corollario aggiungiamo che la versione in digipack di questo CD contiene due tracce aggiuntive.
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