Così come il giudizio su di una composizione può variare moltissimo in base ai suoni scelti per darle voce, allo stesso modo una composizione non può trovare suo unico motivo d'esistere nella bellezza di questi. L'impressione che si ha ascoltando il lavoro strumentale del tastierista di Roine Stolt è che le partiture siano state composte per dare modo ad una messe di strabilianti tastiere di deliziarci con i loro suoni. Quanto appena detto non deve essere assolutamente considerato un giudizio negativo in quanto tale, bensì, piuttosto, una specifica del tipo di lavoro che si ha di fronte: ai lussuriosi suoni ed all'ottima qualità di registrazione, agli intriganti arrangiamenti ed al fine lavoro in studio (con effetti decisamente interessanti rivelati dall'ascolto in cuffia), fanno fronte composizioni sicuramente pensate e sudate, ma che anche dopo molti ascolti non lasciano nulla... come dire, un eccellente esercizio di forma senza cuore. I pezzi si presentano con la struttura di un mosaico, un susseguirsi di tasselli che prendono forma dagli infiniti suoni che Bodin, novello alchimista, cava dalle sue tastiere. E tutto suona slegato tanto che le pause fra un pezzo e l'altro potrebbero essere arbitrariamente spostate in qualunque punto del disco senza creare particolari scompensi. Se, come si è detto, ciascuno dei tasselli è ben strutturato e confezionato e le partiture sono tutt'altro che deficitarie, probabilmente una maggiore attenzione allo sviluppo armonioso di questi singoli elementi avrebbe dato al lavoro le doti per l'eccellenza... ma il notare come sul retro del CD non siano riportati i titoli dei pezzi bensì la strumentazione utilizzata, con in bella evidenza Hammond, Mellotron e sintetizzatori vari, convince definitivamente che il centro del lavoro sia la ricerca e lo sviluppo dei suoni.