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Qualche anno fa lessi una recensione che sputava su di un disco in quanto popolato dai vari Hammond, Mellotron e compagnia analogica bella accusando questi di produrre suoni antiquati, melensi... in parole povere superati. Forse l'autore (che non ricordo), ascoltando il nuovo lavoro di Roine Stolt si renderebbe conto di quanto questi catafalchi non siano assolutamente limitativi ma, se l'abilità e l'apertura mentale dell'autore non è un ratto solamente teorico, possano anzi dare vita ad un disco che suoni assolutamente attuale... ed anzi spinto verso la ricerca di qualcosa di nuovo. La chitarra di Stolt, sempre leader nello svolgersi delle melodie, è in Retropolis infatti supportata da una gamma di suoni molto differenti fra loro; prodotti dai più moderni sintetizzatori come dai pezzi d'antiquariato prima citati, questi si fondono gli uni con gli altri avendo come risultato finale una amalgama suadente ed aggraziata. E forse questo abbinamento vecchio-nuovo non è un caso se si guarda all'idea che sta alla base del disco: Retropolis, la città spinta verso il futuro ma popolata da persone vissute nel passato; dove forte è la spinta a non fermarsi, ma i problemi sono sempre gli stessi... e dopo un viaggio alla ricerca del nuovo si cerca una via per tornare a casa ("The road back home"). Tutto suona molto fresco, radioso in questo nuovo lavoro dell'ex Kaipa... forse anche grazie ad una sezione ritmica che fornisce un supporto decisamente valido e personale, ma allo stesso tempo fluido e fruibile... non che i brani contorti, dove la batteria si aggroviglia con gli altri strumenti debbano essere sgarbugliati, anzi!!! ma visto che Stolt ha fatto una scelta di agilità, è giusto sottolineare come l'obiettivo sia stato perfettamente raggiunto anche grazie ad una prova misurata delle varie componenti.
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