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I Flower Kings negli ultimi quattro anni ci ormai hanno abituati alla presenza di un loro nuovo album nei nostri stereo, ognuno di essi di qualità incredibilmente superiore al precedente. Dove venga trovata l'ispirazione e la vitalità per una tal sequela ce lo chiediamo una volta di più di fronte a questo "Stardust we are", addirittura un doppio cd! Da un rapido ascolto (si tratta di un eufemismo, ovviamente!) si ricavano impressioni contrastanti, sopraffatti ora dalla consapevolezza che Roine Stolt e soci hanno centrato nuovamente l'obiettivo, ma anche perplessi per alcune cose che non convincono appieno... ma andiamo con ordine. Da una parte c'è il primo cd, composto di 9 brani, brevi e lunghi, che ricalcano un po' la formula degli ultimi lavori del gruppo, con la voce di Hans Fröberg in bella evidenza (avete notato quanto ricorda John Wetton?) e il Prog melodico del marchio di fabbrica Flower Kings(r) a deliziarci coi suoi crescendo e le sue aperture sinfoniche. "In the eyes of the world" apre l'album coi suoi 10 minuti, ma sono altresì da rimarcare "Church of your heart" e la crimsoniana "Circus Brimstone". Il cd n° 1 insomma avrebbe potuto benissimo essere da solo validissimo nuovo lavoro del gruppo e nessuno si sarebbe lamentato di certo. I Flower Kings invece hanno voluto metterci definitivamente al tappeto portando l'album a superare le due ore, realizzando qualcosa ad ampissimo respiro, senza l'assillo di rimanere confinati a un certo minutaggio. Non si può parlare di concept album, ma specialmente il cd n° 2 ci fa pensare a qualcosa che non è solo una sequenza di canzoni, bensì un progetto più ad ampio raggio. Le composizioni si fanno mediamente più rarefatte e meno rockeggianti e per molti minuti addirittura quasi immobili. La sensazione che se ne ricava alla fine è che forse il tutto vada ad essere un po' pesante e che ci si poteva limitare a un lavoro più breve... beh insomma, però voi rinuncereste a più di una ventina di minuti di quest'album? Io no.
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