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Semplificando (ma non troppo) “The Guildmaster” si può definire il progetto “folk” dei Samurai Of Prog. “Liber de dictis” rappresenta il loro secondo lavoro, dopo “The knight and the ghost” pubblicato nel 2020. Un buon numero di ospiti fa da corollario alla band vera e propria composta, per l’occasione, dai due “samurai” Marco Bernard al basso e Kimmo Pörsti (batteria e percussioni), dal “nostro” Alessandro De Benedetti alle tastiere e Rafael Pacha (chitarre e numerosi strumenti etnici). Il fil-rouge che lega le dodici composizioni è ben spiegato nelle numerose note presenti nel booklet, e cioè un presunto libro di proverbi, di detti popolari che sono ricorrenti in ogni popolo (nello specifico) europeo e che fanno da sfondo alle musiche create dai vari artisti impegnati. Un album che fa dei continui balzi tra “vecchio” e “nuovo” uno dei suoi punti di forza in cui la strumentazione etnico-acustica duetta con quella elettrica con risultati ottimali. Particolarmente ispirato e coinvolto in “Liber de dictis” è Rafael Pacha che è l’autore della metà dei brani contenuti nel cd. Tra i migliori certamente “A rey muerto, rey puesto” (il nostro “Morto un Papa, se ne fa un altro”) con le note del cromorno (seppur campionato), del flauto dolce e del tamburo a cornice ad imbastire una danza campestre medievale, prima che gli strumenti elettrici ed in particolare le tastiere di De Benedetti, ci prendano per mano per una catarsi, non solo musicale. Non da meno “Manos frias, corazòn caliente”, un’altra danza campestre, ben sintetizzata dal particolare di un quadro fiammingo, di tema analogo, presente nel booklet. Nel pezzo, Pacha si sbizzarrisce suonando, oltre alle chitarre, il tamburo a cornice, il flauto dolce, la tabla, la fisarmonica (campionata). Ulteriore chicca è “La mùsica amansa a las fieras”, basata sul mito di Orfeo ed Euridice (nel booklet l’immagine è relativa ad un quadro di Frans Snyders). Pacha ci allieta al virginale (midi), alla viola da gamba, alle chitarre e ad altro ancora, ma apprezziamo pure la voce profonda di De Benedetti che, inoltre, “ricama”, al piano, un brano di estrema raffinatezza. Ispirata ad una danza rinascimentale del ‘500 è la multiforme “El perro del hortelano” che si fonde con le istanze decisamente rock di Hammond, synth e chitarra elettrica. Anche il “Bel Paese” è presente con Marco Grieco in veste di autore (ed anche esecutore) in “Agora” e “Nea Polis “. La prima, che è pure il primo brano cantato della raccolta, ben interpretata dalla voce di Evangelia Kozoni (dei Ciccada), è ricca di spunti etnici offerti dalla fisarmonica, dal violino, dal bouzouki, ma il “moderno” affiora con uno splendido keyboards-solo di Grieco, bissato da quello dell’elettrica di Pacha. La seconda, come da titolo, ci immerge nella tradizione musicale napoletana… in salsa prog. Non mancano un paio di incursioni nel folklore nordico con “Survista tehty soitto” e “Survista tehty soitto II”. La prima, cantata da Paula Pörsti, è un malinconico viaggio musicale tra le lande finlandesi; la seconda è un intenso bozzetto dove emerge tutta la sensibilità musicale di Rafael Pacha e la sua chitarra classica. Insomma, senza dimenticare “A lo hecho, pecho”, “Agua pasada no mueve molino”, “La primavera, la sangre altera” e la lunga “Young me, old you”, ognuna delle quali con momenti molto toccanti, questo secondo lavoro targato “The Guildmaster” (artwork sempre del solito, ottimo, Ed Unitsky), è davvero degno di attenzione. Il lavoro certosino che lo ha reso possibile e le emozioni che è in grado di trasmettere sono motivi più che sufficienti per farlo proprio.
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