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Il viaggio nel tempo ha affascinato non solo scrittori di fantascienza ma anche musicisti che, in singoli brani o in album interi, hanno affrontato questo argomento. Dopo essersi dedicati ai racconti di Grimm, ai viaggi di Gulliver, a Robinson Crusoe, alla maschera di ferro ed altro ancora, i Samurai of Prog si confrontano pure loro con questo tema con “The time machine”. Per la seconda volta, dopo “A quiet town” (sempre uscito nel 2024), i due fondatori del progetto, Kimmo Pörsti e Marco Bernard, “consegnano” le chiavi di musica e testi a Marco Grieco, promosso ormai a membro fisso della band. “The time machine” si sviluppa su otto tracce e, come da precisa scelta, prevede innumerevoli musicisti ospiti, tra i quali spiccano, per l’occasione, Roine Stolt (chitarra solista in “Apes”) e Christina Booth (voce in “Future”). Attraverso la macchina del tempo il protagonista “vive” periodi fondamentali della storia dell’umanità: dal “nostro” essere “scimmioni” (senza ragione?) passando per gli orrori della guerra con gli occhi di un legionario romano o, ancora, incontrando la genialità di Leonardo da Vinci oppure di Albert Einstein. Senza dimenticare l’epocale sbarco sulla Luna, le battaglie di Nelson Mandela e, per finire, uno sguardo speranzoso, di una donna in dolce attesa, rivolto al futuro. L’album, il cui ricavato dalle vendite sarà destinato ai bambini ucraini, si apre con i dieci minuti della title track. Ben interpretata dal cantante ucraino Serge Tiagniryadno, è un bel pezzo sinfonico ingentilito dal flauto di Giovanni Mazzotti e dal violino di Maria Kovalenko (altra artista ucraina). “Apes” si contraddistingue per la chitarra di Stolt e per il refrain di facile presa, vede protagonista le tastiere di Marco Grieco, sia quando lavora di cesello, quasi sottotraccia, sia quando si lascia andare ad un funambolico “solo” che fa molto new- prog. “The last legionary” (con cambio di cantante, ora il microfono è affidato a Bo- Anders Sandström), oltre al notevole “solo” di synth, propone un’aria “marziale” conferita dalla tromba e dal corno francese a ricordare proprio una battaglia campale. L’incontro con Leonardo in “Painting Monna Lisa” è in pieno stile rinascimentale o, meglio, “rock rinascimentale”, con tanto di accenno della “Bourrée” di J.S. Bach. Un balzo in avanti di cinque secoli ed è la volta di “E=mc2” e dell’incontro con Einstein. Alla voce, questa volta, è Clive Nolan, autore di una performance molto sentita e sofferta. Seguono due brani strumentali: “Moon” e “Madiba’s life”. Notevole il crescendo emotivo del primo, tra timore, ansia, speranza ed infine appagamento. Un bell’esercizio per solo pianoforte il secondo. Christina Booth dona infine la sua voce nella conclusiva “Future”. Saliscendi sonori che assecondano il cantato ed un finale veramente emozionante con le tastiere di Grieco in grande spolvero unitamente alla chitarra elettrica di Tony Riveryman. Si chiude qui, dopo quasi un’ora, questo “The Time Machine” che va annoverato tra le migliori produzioni dei “Samurai” degli ultimi anni. Nell’attesa, che non sarà certamente lunga, di un nuovo interessante capitolo.
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