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Accantonato momentaneamente il monicker “The Samurai Of Prog”, stante la temporanea indisponibilità di Steve Unruh (ospite comunque in un brano), il duo Marco Bernard/Kimmo Pörsti pubblica “Gulliver”, tratto dalla storia satirica di Jonathan Swift pubblicata nel 1726. Al solito i titolari del progetto si “limitano” al contributo strumentale, lasciando ai numerosi ospiti il compito di elaborare musiche e liriche dei sei brani che compongono l’album. Ospiti che, nella maggior parte dei casi, appartengono ormai alla grande “famiglia Samurai”, avendo collaborato a molti degli album precedenti. La formula si conferma di successo e, malgrado la frequenza delle pubblicazioni, la magia e l’ispirazione rimangono sempre elevate. L’album si apre con “Ouverture XI”, un brano strumentale composto da Andrea Pavoni (tastiere, dei Greenwall), dal gusto classicheggiante, con una sezione ritmica rocciosa (Bernard al Rickenbacker, Pörsti alla batteria), un delicato “solo” dell’elettrica di Kari Riihimäki e un prezioso contributo del sax di Marek Arnold (Seven Steps To The Green Door, tra gli altri). I diciotto minuti di “Lilliput suite”, dovrebbero mettere d’accordo tutti gli amanti del progressive rock. Gli autori (come per tutti i brani presenti) sono ancora italiani: Oliviero Lacagnina (tastiere, “Latte&Miele”, autore delle musiche) e Aldo Cirri, autore dei testi, come italiano è l’ottimo vocalist Marco Vincini (dei “Mr. Punch”). Una suite, divisa in sei parti, di altissimo profilo: sinfonica, articolata, che la voce di Vincini conduce in ambito genesisiano. Le tastiere magniloquenti di Lacagnina fanno il resto, senza dimenticare l’apporto decisivo del violino di Akihisa Tsuboy, del flauto di Olii Jaakkola e del corno francese e della tromba di Marc Papeghin. Le due chitarre (elettrica e classica) di Ruben Alvarez e Rafael Pacha sono il punto esclamativo su una composizione davvero eccellente. “The giants” (Mimmo Ferri l’autore delle musiche) è uno strumentale di ampio respiro con qualche frammento jazzy apportato dal sax di Arnold, protagonista, assieme al robusto comparto ritmico, del brano. Molto bello il finale con l’elettrica di Carmine Capasso a prendersi gli applausi. Più “faticoso” lo sviluppo di “The land of the fools” (Alessandro Di Benedetti dei “Mad Crayon” ne è l’autore) che manca di un “quid” melodico che ne possa migliorare l’impatto, malgrado le “graffianti” chitarre di Massimo Sposaro e Federico Tetti e le giudiziose digressioni tastieristiche offerte dall’autore. “Gulliver’s fourth travel” (testi e musiche di Luca Scherani, “La coscienza di Zeno”) vede all’opera due cantanti: Stefano Galifi (“Museo Rosenbach”) e Steve Unruh (anche al violino) a cui spettano le sezioni, rispettivamente, in italiano ed in inglese. E’ proprio il violino di Unruh ad aprire magnificamente il pezzo. Qualche nota delle tastiere di Luca Scherani ed ecco emergere la particolare voce di Galifi la cui contrapposizione vocale con quella di Unruh rappresenta il tratto saliente dell’intero brano. Le tastiere dell’autore sono spesso in primo piano pur lasciando spazio ad un breve guitar-solo di Marcella Arganese (Ubi Maior). I tre minuti gioiosi di “Finale” (autore Alessandro Lamuraglia -“Il trono dei ricordi”, a tal proposito lo invitiamo caldamente a dare un seguito allo splendido album che lo vedeva protagonista a metà degli anni ’90…) sono uno sfavillante florilegio di tastiere che chiude più che degnamente “Gulliver”. Un buon album, a tratti ottimo, che conferma la bontà del progetto”Samurai” che è già al lavoro con un nuovo concept album dedicato alle “Cronache di Narnia”. La solita confezione di lusso e la splendida copertina di Ed Unitsky fanno da corollario, come sempre, al lavoro dei musicisti.
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