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I primi tre “Spaghetti epic” nacquero dalla collaborazione tra la casa discografica francese Musea e la fanzine finlandese Colossus di cui Marco Bernard (uno dei due “samurai”) era uno dei curatori. Il primo lavoro, pubblicato nel 2004 nel formato doppio cd, era incentrato su “C’era una volta il west”; il secondo, che vide la luce tre anni dopo, era basato su “Il buono, il brutto, il cattivo”, mentre il terzo, pubblicato nel 2009, era dedicato a “Il grande silenzio”. La caratteristica che univa i precedenti lavori era la presenza di numerose band, ognuna delle quali “regalava” un brano all’opera in questione. A distanza di oltre due lustri, lo spaghetti-western ritorna, ma in un nuovo” formato”: sotto il monicker “Samurai Of Prog” (ridotti per l’occasione a duo… Marco Bernard e Kimmo Pörsti) e con il consueto largo impiego di musicisti che portano in dote musiche e parole. Insomma, una sola band per sei nuovi brani e settanta minuti di qualità. Si incomincia con “Dead or alive” con musiche di Marco Grieco (tastiere e chitarre). Forti sono i richiami all’arte di Ennio Morricone e alle tipiche ambientazioni dei western di casa nostra. Il tutto condito con un solido ed ispirato rock sinfonico, perfettamente confezionato. È la volta, poi, della prima suite, “Mira al cuore” (testi e musiche di Mimmo Ferri). Formalmente ineccepibile, con tutte le caratteristiche per piacere ad un prog-lovers, ben interpretata da Tommaso Fichele, la cui voce ne acuisce il pathos. Con parecchi momenti strumentali di valore, risente, forse, di qualche difficoltà melodica che ne appesantisce un poco l’ascolto. Anche la seconda suite, “La resa dei conti”, è opera di un artista italiano: Alessandro Di Benedetti (Mad Crayon, Inner Prospekt), impegnato alle tastiere. La voce è quella arcinota di “Lupo” Galifi che, pur attirando su di sé molte delle attenzioni, non ci fa scordare i blitz strumentali della chitarra di Marcel Singor, del flauto di Sara Traficante o dello stesso Di Benedetti alle keys. Superfluo, citare il grande lavoro ritmico (in tutto l’album) di Bernard e Pörsti. “Snakebite” è il contributo offerto da Rafael Pacha che, già in precedenti lavori, ci aveva mostrato la sua anima folk. In particolare, l’introduzione affidata al banjo ci porta direttamente al west che fu. Non manca qualche spunto più barocco, ma nel complesso prevale la componente “traditional”. Altra presenza costante è il brano composto, per solo pianoforte, da David Myers intitolato “The fabolous Felipe and his dancing squirrels”, perfettamente inserito nell’ambientazione da saloon di frontiera. La chiusura è affidata ad un’altra composizione di Marco Grieco, “High noon”. Brano ad alta “gradazione” sinfonica con le tastiere dell’autore in notevole evidenza. Insomma, i Samurai non tradiscono anche in questo caso: formula consolidata, collaboratori di alto livello e la non facile capacità di abbinare quantità (producono due/tre lavori all’anno!!) e qualità sempre più che buona, come nell’occasione.
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