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Il Taylor’s Universe continua la sua avventura sulla scia di quanto fatto negli ultimi tempi, quindi puntando di meno sull’avanguardia e proponendo un rock sinfonico personale, che si fonde continuamente con altri generi. A dar manforte alla creatura di Robin Taylor, troviamo per l’occasione il chitarrista Michael Denner, a cui i credits attribuiscono i “melodic solos”, a differenza del leader, a cui sono invece assegnati i “thrash solos”. Sempre presente Karsten Vogel al sax, mentre dietro la batteria siede Rasmus Grosell. “Soundwall” contiene 6 brani di durata medio-lunga (tra sei e otto minuti e mezzo), in cui si avverte un prog moderno, suonato benissimo, ricco di sfumature e di intrecci. Come dicevamo, è sicuramente più lineare rispetto al passato, in cui la parola d’ordine era spesso “libertà”, ma i risultati continuano ad essere di buona fattura. Le note di copertina chiedono come sia possibile che dei musicisti suonino insieme stili differenti come art-rock, jazz, pop music e heavy metal… Be’, quando Taylor mette mano agli strumenti e si circonda di altri abili musicisti, non è molto difficile, anzi, le note scorrono via in maniera fluida, le chitarre duettano e duellano, si incrociano, prendono la fuga e poi rallentano; e quando interviene Vogel le cose si fanno ancora più imprevedibili, con i suoi funambolismi jazzistici e la classe di chi ha anni di esperienza alle spalle. Se in alcuni momenti si avverte sempre quella voglia di stupire andando a spruzzare note di qua e di là senza freni, o creando scenari sonori dalle atmosfere eteree particolari, in generale si avverte una forte compattezza. Il rock sinfonico si può fare di volta in volta altisonante, romantico, tecnologico, fremente o contaminato. Tra dolci melodie, solos di fuoco, temi oldfieldiani e sound moderno, “Soundwall”risulta un disco per tutti, potente al punto giusto, diretto al punto giusto, pur senza perdere di vista quello spirito di ricerca che va in ogni direzione, senza limiti, senza barriere, senza restrizioni.
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