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Torniamo ad occuparci dei Taylor’s Universe, a distanza di oltre due anni dalla loro ultima fatica discografica “Artificial joy”. Il percorso del gruppo guidato da Robin Taylor assume ormai connotati sempre più definiti. Si tratta del progetto più delineato del polistrumentista danese, distante da quella libertà improvvisativa che caratterizza spesso i Taylor’s Free Universe e abbastanza lontano anche dalle sperimentazioni ed esplorazioni solistiche, sempre in ballottaggio tra diversi generi. “Kind of red” non fa altro che confermare l’ultimo indirizzo dei Taylor’s Universe, orientato verso un progressive moderno che abbraccia sia il rock sinfonico sia il background jazzistico dei musicisti coinvolti. Per l’occasione la band è formata, oltre che da Taylor (alle chitarre, alle tastiere “vintage”, al basso, alle percussioni, ecc.), da Jakob Mygind al sax, Hugh Steinmetz alla tromba e al flicorno e da Klaus Thrane alla batteria. Vengono proposti otto brani di spessore, la cui ossatura è ben espressa dalle tastiere e dalla chitarra e su cui i fiati vanno a ritagliarsi spazi interessanti che vivacizzano molto le dinamiche timbriche. Il rock sinfonico è ben evidente in composizioni come “Carckpot men”, “Sunday image” e nel breve tassello “Terasso”, dai toni un po’ altisonanti, i ritmi quasi marziali e l’orientamento classicheggiante. Si potrebbe forse notare, in queste occasioni, anche una certa influenza dei colleghi svedesi Bo Hansson e Isildurs Bane, che dona al tutto un’ulteriore carica di feeling. Spesso si punta su cambi di tempo agili e continui, con i vari strumenti a sbizzarrirsi volando in più direzioni ed intrecciandosi a meraviglia, vedi l’opener “Firestone”, o “Salon bleu”, che riporta alla mente i Weather Report di “Birdland”, o, ancora, “Tortugas”, che con i suoi intarsi va a configurare alla perfezione l’incontro tra il prog sinfonico ed il jazz-rock d’atmosfera nell’arte tayloriana, denotando anche lievi tinte color Cremisi... In “Jakiborg” e nella conclusiva “Lost in Jakiborg”, invece, i ritmi si fanno più pacati, con i fiati a contornare l’andamento romantico e la chitarra elettrica e le tastiere pronte a lanciarsi in solos eleganti. Sempre più garanzia di qualità, la proposta dei Taylor’s Universe, pur non rappresentando più una vera e propria sorpresa per chi segue la band da tempo, si mantiene su quei livelli qualitativi molto buoni, mostrando una volta di più di essere assestata su standard pienamente soddisfacenti.
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