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Il sempre prolifico Robin Taylor ci propone in questa occasione un disco non di nuovo materiale, ma una sorta di antologia, attraverso la quale rielabora alcuni pezzi pregiati del repertorio del suo progetto più importante, il Taylor’s Universe. In tre quarti d’ora e con una formazione affiatata comprendente ormai fidatissimi collaboratori che rispondono ai nomi di Jakob Mygind (sassofono), John Sund (chitarra), Thomas Thor Viderø Ulstrup (sintetizzatore), Frank Carvalho (chitarra e sintetizzatore), Klaus Thrane (batteria), Louise Nipper e Jan Fischer (voci), vengono riproposte sette composizioni che riprendono le caratteristiche mostrate negli ultimi album del gruppo. I riarrangiamenti di questi brani, infatti, fanno sì che il sound sia corposo e potente, con i vari strumenti pronti a intrecciarsi tra di loro o ad alternarsi alla guida. Si passa con disinvoltura e abilità da solos di sax che spingono sul versante jazz-rock a maestose sonorità di tastiere pronte ad orientare il tutto verso il prog sinfonico, oppure da atmosfere rarefatte e spacey eredi degli anni ’70 a timbri rock di chitarre elettriche graffianti e robuste. Come al solito stiamo parlando di un disco prevalentemente strumentale, in cui gli interventi cantati sono minimi (e quando presenti sono in “vocalese”), ma gli sviluppi dei pezzi proposti fanno sì che non ci sia nulla di scontato, nulla di pesante. E così, mentre scorrono i minuti ci colpiscono quei ritmi che sembrano ipnotici ma sono pronti a variazioni sorprendenti, quella freschezza di base che non è una sorpresa per chi conosce già il repertorio del Taulor’s Universe, quella ricchezza di temi, trame e colori musicali che solo musicisti con forte personalità riescono a proporre. Già perché qui stiamo parlando di una band che sa mostrare una propria identità e che va oltre schemi consolidati. Affronta il prog, il jazz-rock, l’hard rock, c’è tanta contaminazione e c’è la base solida di un progetto orami ben riconoscibile all’orecchio di chi ha ascoltato con attenzione i numerosi album usciti in un arco temporale di oltre venti anni. Affermiamo senza dubbio alcuno che convince anche con questo cd il musicista danese: stiamo parlando di un prodotto un po’ particolare, che va considerato come l’ennesima dimostrazione dello spirito che anima Taylor, uno spirito incline ad una ricerca musicale continua, che in questo caso specifico si estrinseca in una nuova forma espressiva di brani che hanno già una propria storia. Non stiamo qui a discutere se queste riproposizioni siano migliori o meno degli originali, perché siamo di fronte ad un’altra traccia dell’evoluzione naturale di un progetto che ha al suo attivo una discografia di tutto rispetto. E chi segue il Taylor’s Universe da anni non può che rimanere soddisfatto anche in questa occasione.
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