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Che Fabio Zuffanti sia un artista dalle numerose sfaccettature lo ha ampiamente dimostrato nel corso di quasi venti anni di carriera. Dalle esperienze ambient a nome Rohmer all’old progressive della Maschera di Cera, dal prog bucolico degli Aries a quello più sinfonico degli Hostsonaten, senza dimenticare l’album solista o il progetto Finisterre. Lo si potrà apprezzare o meno, Zuffanti, ma indubbia è la sua sensibilità musicale e la passione che mette in ogni suo progetto.
E’ la volta, dopo qualche anno di pausa, del secondo album degli Aries, accompagnato da Simona Angioloni (già vocalist nel primo lavoro) e dai “soliti” importanti compagni di avventura.
“Double reign” è il titolo ispirato all’omonimo (“Doppio regno” il titolo originale) libro di Paola Capriolo.
Un lavoro in cui, oltre alla componente sinfonica e folk presente nel debutto, si aggiungono accenti cameristici , elettronici e anche dark che rendono più variegata la proposta del duo.
Di alto profilo l’iniziale “The return”, con notevoli interventi di violino ma anche l’intimo incedere di “Alone” seguita ,quasi per contrapposizione, dall’aggressiva “Deep inside”. Melodie toccanti ed un quartetto d’archi per una perla chiamata “The house is burning” ed ancora, a far da contraltare, il rock sui-generis di “Voice”. “A dream within a dream” è pura musica da camera scritta da Luca Scherani (uno degli ospiti) e si avvale della presenza di un quartetto d’archi per un brano di estrema raffinatezza che fa da preludio a quello che rappresenta forse la vetta compositiva dell’intero lavoro: “Space”.
Ormai non sorprendono più le qualità vocali di Simona Angioloni, ricca di pathos come non mai in quello che è il pezzo (salvo qualche effetto elettronico di troppo) che più si avvicina alle sonorità del primo lavoro.
“I will sleep among the waves” vede al flauto Vittorio De Scalzi, a testimoniare ancora una volta la qualità delle guest-stars di “Double reign”, anche se il pezzo è decisamente interlocutorio pur se funzionale al concept. Cupa ed ossessiva “Falling dawn”, squisitamente acustica “ The moon rises again” e, a chiudere, la sincopata “Flow” che recupera melodie ascoltate nei brani precedenti.
Un album seducente ed intrigante, claustrofobico in alcuni brani, ma decisamente appagante e da ascoltare con attenzione.
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