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"In limine", ovvero "al confine". La migliore definizione per la musica di un gruppo che vive ai limiti del progressive, ai margini di una definizione che sta lui decisamente stretta: troppo evidente la distanza che separa la proposta dei FINISTERRE da quella della maggior parte delle entità collocate nel genere. Prescindendo da questo dato di fatto, è tuttavia lecito affermare che a livello di approccio concettuale i FINISTERRE rischiano di rivelarsi molto più progressivi di tanti altri, e di andare molto più vicini all'obiettivo di replicare i propositi che mossero inizialmente, nel 1969 o giù di lì, il movimento progressivo. Se partiamo cioè dal presupposto che il prog odierno è un po' la naturale evoluzione dell'art-rock di gruppi come King Crimson, EL&P e Genesis - una musica che tendeva a proporre, anche a livello di strumentazione, un connubio tra rock e musica classica - non si può certo dire che i FINISTERRE non rientrino in questa definizione: flauto, piano, violoncello, violino, tromba, clarinetto, sassofono nonché un coro vocale sono tutte componenti che vengono utilizzate nella loro musica, contribuendo a donarle una profondità difficile da riscontrare in altre produzioni. Giunti a questo punto fermo del ragionamento, rimane comunque da constatare che questa seconda prova del gruppo genovese supera in termini di difficoltà le proposte dei maestri su citati; in altre parole "In limine" è senza ombra di dubbio un disco assai complesso. Finanche troppo, laddove abbandona la relativa certezza di tenitori conosciuti per spingersi addentro una ricerca che porta decisamente verso la musica contemporanea. E' qui che la proposta rischia di divenire eccessivamente pretenziosa, ed è qui che l'ascoltatore medio rischia davvero di perdersi tra classica, folk, elettronica, rock, jazz e la negazione di tutto questo.
I FINISTERRE non me ne vogliano, ma dal basso della mia posizione di consumatore musicale trovo che più che in brani come "Algos" o "Ideenkleid leibnitz frei" sia altrove che dimostrano il loro vero valore, quando riescono a fare quello che fanno anche altri (il rock progressivo) meglio di molti altri, scommettendo su una caratura superiore frutto di studi di conservatorio e su una strumentazione da fare invidia ad un'orchestra sinfonica. Il progressive miscelato al folk ed alla classica di brani come la title-track, "XXV" o la piece conclusiva "Orizzonte degli eventi", in quanto componente più accessibile della musica dei FINISTERRE, è in definitiva anche quella che più riesce a rimanere scolpita nella mente; l'incomprensibile può affascinare, ma alla lunga finisce col risultare noioso. Resta comunque una convinzione: quella che questo sia uno di quei dischi che riconferiscono dignità ad un rock progressivo divenuto da qualche tempo un po' troppo facile da criticare.
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