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Höstsonaten, uno dei progetti più cari a Fabio Zuffanti, si arricchisce di un nuovo episodio, probabilmente il più ambizioso. Dopo la saga dedicata alle stagioni ed il capitolo uno di “The rime of the ancient mariner” eccolo ora misurarsi con la sinfonia …rock. Da sempre gruppo aperto a musicisti diversi, Höstsonaten per questa occasione si arricchisce della presenza della filarmonica di Chiavari diretta dal “maestro” Luca Scherani che ha inoltre curato l’arrangiamento orchestrale, la produzione dell’album (con lo stesso Zuffanti) tanto da essere di fatto co-responsabile dell’intero progetto. Laura Marsano alle chitarre, Paolo Tixi alla batteria, Daniele Sollo al basso, oltre a Zuffanti (pedali bassi) e Scherani (tastiere e bouzouki) completano la line-up, quella rock per intenderci. Il tema scelto per la sinfonia è “Cupido e Psiche”, tratto dalle “Metamorfosi” di Apuleio, di cui nel booklet del cd è presente il sunto scritto da Pee Gee Daniel e tradotto in inglese da Joanne Roan (e che avremmo preferito presente anche in italiano…). Dell’opera è già in progetto una rappresentazione teatrale, sotto forma di balletto, che dovrebbe andare in scena il prossimo ottobre. La commistione tra orchestra sinfonica e gruppo rock non è certo una novità, ma Zuffanti ed il suo ensemble se la cavano egregiamente ed il feeling tra le due anime musicali è senz’altro riuscito senza essere mai pesante o, peggio ancora, pedante. Questo grazie alle raffinate partiture per gli ottoni, gli archi, i legni che interagiscono magnificamente con le dinamiche rock del duo ritmico e dei due solisti, Marsano e Scherani. Dieci brani, o meglio, un’unica lunga suite di 40 minuti, che alternano momenti di forte coinvolgimento emotivo quando “comandano” flauto, oboe e fagotto, una umbratile malinconia quando sono gli archi a prendersi la scena ed un gagliardo vigore quando gli ottoni diventano protagonisti. Il tutto, poi, è cucito con maestria con l’ensemble rock e risulta decisamente incisivo. Le peculiarità Höstsonaten si respirano come brezza sottile ed i ricordi umorali delle “Four seasons suite” si avvertono distintamente. Ma qui andiamo oltre e lo si avverte non da subito, ma con gli ascolti successivi, quando le sottigliezze esecutive affiorano senza posa e la musica lievita nella nostra mente. E se, dapprima, si avvertiva quasi l’esigenza di un tema “forte” che potesse definire con vigore tutta l’opera, ora questa necessità non esiste più o non ha ragione d’essere. Il tema portante è il lavoro nel suo insieme, privo di momenti di stanca ed in continuo divenire, se non in continua scoperta. Un album veramente di pregio che non possiamo esimerci dal consigliare caldamente. Due fuori “tema”, per chiudere, rivolto ai due autori. Caro Sig. Zuffanti si ricordi che qualcuno aspetta il secondo capitolo di Coleridge ,non è il caso di rimetterci mano? Caro sig. Scherani, non è che il violinista (o la violinista se preferisce…) ce l’avete più vicino del previsto e con un po’ di “coscienza” la si possa reclutare? Due domande a cui attendiamo, se non a breve, comunque risposta…
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