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Reduce dalla pièce in 4 movimenti dedicata alle stagioni che lo ha impegnato per qualche anno, cos’altro poteva inventarsi Fabio Zuffanti con il suo progetto “Höstsonaten”? Ma un poema a puntate!! Ovvio…
Complice l’amore per l’opera di S.T. Coleridge “The Rime of the Ancient Mariner” e insoddisfatto dei due brani già composti dedicati al poema (apparsi sui primi due album “Höstsonaten” e “Mirrorgames” ), eccolo rimpossessarsi del testo dello scrittore inglese e tradurlo in emozioni musicali. Un po’ timoroso per la lunghezza del racconto e per la intrigante difficoltà del musicarlo, Zuffanti pensa bene di dedicargli due lavori distinti (il seguito uscirà nel 2013) con solo il prologo e le prime quattro parti del poema racchiuse nel cd che abbiamo ora tra le mani. Fedele al motto “squadra che vince non si cambia”, l’artista ligure si avvale dei soliti fidati collaboratori, da Luca Scherani (tastiere) a Maurizio di Tollo (batteria), da Matteo Nahum (chitarre) a Sylvia Trabucco (violino) e ancora Joanne Roan (flauto), Edmondo Romano (sax, bag pipe, tin whistle) e ben cinque vocalist: Alessandro Corvaglia, Carlo Carnevali, Davide Merletto, Marco Dogliotti e Simona Angioloni. Con il “Prologo” ci si immerge subito nell’universo marino di Coleridge-Zuffanti divenuti un’unica entità che trascende il tempo: un crescendo iniziale un po’ alla “The lamb….” con una sorta di presentazione dei musicisti (lo Scherani sinfonico, il momento acustico del trio Nahum-Roan-Trabucco, l’esplosione strumentale condotta da di Tollo e dallo stesso Zuffanti e con Matteo Nahum che si toglie i panni di Hackett per forgiare un assolo heavy di grande fascino) ed un finale di notevole impatto con uno Scherani sempre più convinto e convincente con il suo set (in espansione…) di tastiere. “Part 1” (il primo dei due brani già editi, ma sottoposto a restyling con un notevole miglioramento soprattutto in fase di registrazione) racchiude probabilmente gli episodi musicali più convincenti: l’ottima fusione tra le liriche di Coleridge (perfettamente interpretate da Corvaglia) e le musiche di Fabio con le numerose aperture sinfoniche ed il malinconico finale (“I shot the albatross”). La “Part 2” vive su una atmosfera sospesa che ben si sposa con la calma piatta che si respira sulla nave del vecchio marinaio dopo l’uccisione dell’albatross anche se non mancano vibranti ed enfatiche sezioni vocali (del bravissimo Davide Merletto) e strumentali. La terza sezione è anche quella più sorprendente per la durezza del suono a cui non eravamo abituati, ma che si rivela infine più un’opportunità che non un problema per la felice scelta del cantante Marco Dogliotti che, come del resto per gli altri interpreti, trasmette la propria personalità e passionalità alle parti a lui spettanti. La “rocciosità” del brano pone in evidenza il drumming potente dell’ottimo Di Tollo (a proposito… è di questi giorni la pubblicazione del suo primo album solista… ), anche se non dobbiamo immaginarci un brano hard rock, infatti molti sono i momenti in cui la creatività ha i tenui colori del pastello. La “Parte 4” è satura di atmosfere rarefatte e malinconiche ben rappresentate dalla evocativa voce di Simona Angioloni e dalla strumentazione prevalentemente acustica. Il duetto finale Corvaglia/Angioloni (uno dei momenti più elevati dell’opera) è il preludio alla sbornia finale epica e maestosa. Fra i molti versi che compongono “La ballata del vecchio marinaio” uno mi ha colpito in modo particolare (è posto nella “Parte 1”): “He cannot choose but hear”. Lo faccio mio e lo estendo agli altri fortunati ascoltatori: non potete scegliere, ma solo ascoltare e farvi rapire dalla bellezza di un album che rimarrà sicuramente un punto fermo non solo nella (numerosa) discografia “zuffantiana”, ma anche un caposaldo della vostra discoteca “progressiva” del “bel sentire”. Da avere. TO BE CONTINUED
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