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Non sono mai stato un accanito fan dei Pendragon, e questo dovrebbe rendere la mia recensione meno controllata dai sentimenti e dai preconcetti. Non attendevo questo disco, forse per un motivo molto semplice: a mio parere i Pendragon sono quelli di "Fly high fall far" (il loro primo disco su vinile). "The jewel" mi aveva colpito, ma non entusiasmato; "Kowtow" mi era sì piaciuto, ma come può piacere un lavoro leggero e molto melodico.
Oggi esce "The world" che, secondo molti, riallaccerebbe i Draghi al passato. Io penso che questo sia vero solo in parte. Il disco riesce infatti a fondere i vecchi temi legati strettamente con quel progressive sofisticato dei primi pezzi con una sorta di discorso melodico aperto con "Kowtow". E questa fusione non può che farci meravigliare: l'insieme risulta eterogeneo, diretto e sottilmente raffinato al punto giusto.
In tutto troviamo sei brani che splendono di luce propria. Se posso azzardare un parere, direi che in certi passaggi il suono dei Pendragon esce dai soliti stilemi, divenendo ancora più personale. Un'evoluzione inevitabile ha travolto il gruppo e io ne sono veramente entusiasta. Menzione particolare meritano "Back in the spotlight", dal titolo significativo ("Ritorno alla ribalta"), "The voyager" (con echi floydiani) e la lunga suite "Queen of hearts".
Il parere personale (e dico personale) è che questo "The world" sia il miglior disco dei Draghi (escluso "Fly high fall far"). All'interno, insieme ai testi, è scritta una frase che tradotta suona all'incirca così: "Il mondo è la tua ostrica, cerca i tuoi sogni e falli diventare realtà". Mi sembra che loro siano riusciti anche a rendere reale il nostro sogno di sentire i Draghi in piena forma.
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