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Una volta c’erano i doppi album del progressive, quelli che si mettevano su una C90 per poterli ascoltare di filato interi e decine di volte. Mano a mano i doppi sono diventati un peso decisamente maggiore, non solo per questioni di durata legata al supporto CD, ma anche per la “leggibilità” complessiva: lo sforzo quasi immane che richiede l’ascolto di un attuale doppio CD si trasforma – spesso – in una semitortura, specie in rapporto all’autore che ce lo propone. Questo doppio CD, acustico, è fatto per la stragrande maggioranza di pianoforte (vero, a coda) e voce, qui e là un po’ di chitarra acustica, qui e là qualche tappeto d’archi, molto raramente una band completa. Per chi si fosse perso qualche passaggio dico che i Caamora sono una particolare espressione della poliedricità e della prolificità di Clive Nolan (Pendragon, Arena, Jabberwocky, …). In questa veste si esprime in duo con la cantante polacca Agnieszka Swita e, assieme, hanno prodotto in tempi brevissimi un EP, un CD e un DVD, questo potrebbe, seguendo le indicazioni del titolo, essere un epitaffio, o magari e più semplicemente, il resoconto di un viaggio inteso come tour.
Il fatto che per la maggior parte del disco si sentano solo voci e pianoforte può, come ovvio, far pensare ad un prodotto eminentemente noioso e in fondo le prerogative possono anche favorire certi sentimenti. L’ottima incisione, che garantisce un suono di pianoforte pieno, brillante e decisamente dinamico, aiuta, come aiutano anche le notevoli doti canore della Swita, voce di quelle perfette sempre, di quelle che non sbagliano una nota, sempre precise nelle entrate, nei tempi e nell’intonazione … magari un po’ fredda eh. Ma questi aiuti bastano? Punto fondamentale per un lavoro di questo tipo ritengo sia la scelta della scaletta, l’intelligenza e la propensione commerciale di Nolan sicuramente sono intervenute nel bilanciamento di momenti più o meno movimentati, tali da rendere più appetibile la proposta, miscelando gli ingredienti, seppur pochi, nella maniera di certo più congeniale al lavoro complessivo.
Dove arrivano gli archi non è che gli faccia poi troppo bene: il tutto si trasforma con il sapore di quei polpettoni alla Celine Dion, analogo discorso vorrei farlo per quei pochi momenti ritmici, che diventano piuttosto martellanti e decisi e allora molto meglio l’essenzialità fatta di piano voce femminile e controcanto maschile. Tre quarti del lavoro è preso live da concerti tenuti in Polonia, Argentina, Cile, Bolivia, Germania e Belgio, i restanti sono demos di studio, bonus e un’intervista radiofonica finale. I brani sono tratti dall’intero panorama compositivo recente di Clive Nolan, ma principalmente riguardano arrangiamenti dei brani di “She”, qualcosa degli Arena, qualcosa con Oliver Wakeman. Altro punto cardine di un lavoro come questo è rappresentato dagli arrangiamenti e se mi è consentito direi che questo è il punto di forza del lavoro, perché quasi tutto ne ha assunto giovamento. Questo e quanto detto prima, non significano necessariamente che il disco in questione sia bello, ma già il fatto di aver migliorato qualcosa di per sé banale e sciatto è un passetto …
Gli arrangiamenti propendono per temi ariosi, tastieristicamente e melodicamente ricercati. Solo che la ricerca è indirizzata verso una facile ed immediata presa sonora, insomma il lavoro è ruffiano ed è fatto per piacere, tra temi alla James Bond e sequenze di accordi da manuale qui e là saltano fuori interessanti spunti melodici come in “Embrace” o in “Judgement”, ma siamo sempre in tema di: “Il motore e caldo e sfruttiamolo finché si può.”
Insomma se testamento deve essere, che lo sia.
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