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Finora, gli unici due album degli Arena che risiedevano completamente nell'area prettamente sinfonica del Prog erano i primi due; dopo di essi il gruppo ha virato progressivamente ma in modo deciso verso il Progressive metal. Con "Pepper's ghost" il gruppo, senza tornare indietro sui suoi passi, pare aver recuperato una parte della vecchia vena Prog, fondendola con le ultime tendenze della propria musica; il risultato non è affatto male, bisogna dire, anche se ancora rimpiangiamo quei due album...
La copertina (quanto mai composita, compreso il ricco e divertente booklet) riporta le strane cifre "10/6"; queste stanno a significare che il 6° album della band esce in occasione del suo 10° anniversario. Anche il titolo ha un suo significato, dato che il fantasma di Pepper (dal nome del suo inventore, nel 1862) è un trucco usato in ambiente teatrale per far apparire e scomparire una figura dal palcoscenico.
Un songwriting decisamente azzeccato, parti melodiche che catturano l'attenzione e riescono a farsi ricordare, un sound potente ma ricco altresì di variazioni e momenti con un più eclettico approccio musicale; la ricetta di un buon album come appare questo "Pepper's ghost" è tutta qui, anche se non mancano momenti poco azzeccati e scelte poco felici. Aggiungiamo tra i punti positivi il solito ottimo apporto chitarristico di John Mitchell e una discreta prova vocale del pur non eccelso Rob Sowden. Tra i momenti più controversi, ad esempio, c'è la traccia n° 3 "The shattered room" (9'46") la quale, ad una seconda metà trascinante e quasi esaltante, fa precedere una prima parte piuttosto soporifera. Il CD era tuttavia iniziato in maniera positiva, con l'energica "Bedlam fayre", forte e fresca come se questo fosse l'album d'esordio di una nuova band. "The eyes of Lara Moon" è un brano lento ed ipnotico che sfocia nell'inizio, dalle analoghe caratteristiche, del successivo "Tantalus", il quale presto però cambia connotati, irrobustisce il suono della chitarra e finisce nella maniera heavy-Prog, alla Arena new style. "Purgatory road" è un brano quasi interlocutorio, anche se interessante, ma funge quasi da preambolo per quello che dovrebbe essere il brano di punta dell'album, ovvero la lunga (13'07") "Opera fanatica". Questa si apre letteralmente in stile operistico, con un tenore e una voce femminile che duettano per circa un minuto (ma si faranno di nuovo sentire più avanti), fino alla violenta partenza della vera e propria canzone, fatta di chitarre aggressive e tastiere impetuose, frequenti cambi di tempo e melodie importanti; un brano grandioso nelle intenzioni, ma che alla resa dei conti potrei definire al massimo bello... che non è poco comunque.
"Pepper's ghost" finisce qua. Il sesto album in studio degli Arena è abbastanza apprezzabile in definitiva. Non diverrà un classico del Prog inglese, ma ormai ho praticamente rinunciato ad aspettarmi una cosa del genere ad ogni nuovo album di Pointer e soci. Tuttavia esso risulta gradevole e, a mio giudizio, migliore dei tre che l'hanno preceduto.
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